mercoledì 6 agosto 2008

Sally

SALLY



Stavo tornando in Inghilterra, erano passati almeno due anni dall’ultima volta che misi piede in quella nazione. Questa volta andai con Giulio, un mio vecchio amico. Prendemmo una casa in affitto per un mese. Eravamo li per un viaggio a cavallo fra lavoro e divertimento. Al pomeriggio avremmo lavorato, e il resto della giornata potevamo fare ciò che volevamo.

L’agenzia cui c’eravamo rivolti ci trovò un posto come baristi in un locale del centro di Londra, ci aveva anche trovato la casa, che altrimenti non sarebbe stato facile prenderla per un solo mese.

La casa era in tipico stile inglese, anche se molto piccola. Avevamo a disposizione due camere da letto, un bagno, una cucina e un salotto. Naturalmente le dimensioni delle stanze erano alquanto ridotte.

Un taxi ci portò a casa dall’aeroporto, saranno state le due di pomeriggio. Sistemammo le nostre cose e ci mettemmo subito a letto.

Erano le 5.30 quando ci siamo svegliati, una volta lavati andammo al McDonald’s più vicino per cenare.

C’era un botto di gente, ma infondo era anche l’ora di punta.

Io presi un Big mc meal, e Giulio in più prese anche un gelato. Eravamo un po’ spaesati, mentre mangiavamo i nostri panini, non ci eravamo ancora abituati all’idea che non stavamo a casa. Si Londra la conoscevo molto bene, ma comunque era anche normale, visto che eravamo appena arrivati in città.

Dopo cena cominciammo a camminare nei dintorni, sia per digerire, che per sgranchirci un po’ le gambe. Ci fermammo davanti ad un pub, e Giulio propose di entrare a bere una birra. Io annuì.

Il locale aveva delle luci basse, una musica di sottofondo che accompagnava il mormorare della gente, anche se non c’e n’era molta.

La cameriera ci fece sedere ad un tavolino, chiedendoci cosa volessimo ordinare.

- For me a bud, please!

Ordinai con il mio accento italiano.

Mentre sorseggiavamo le nostre birre, la ragazza del tavolo dietro di noi attirò la mia attenzione, toccandomi sulla spalla. Un po’ sorpreso, mi girai chiedendole cosa volesse.

- Siete italiani? Chiese.

- Si e tu?

- Inglese.

Ci disse che era li con delle sue amiche, che però erano già tornate a casa, e chiede se poteva sedersi al tavolo con noi.

Si chiamava Sally, aveva circa vent’anni e ci disse che sarebbe dovuta andare a fare un viaggio in Italia. A Bologna per l’esattezza.

Sally aveva dei bellissimi occhi azzurri, i capelli castani, che non erano particolarmente lunghi.

Mentre parlava le fissavo la bocca, l’avrei voluta baciare. Ogni tanto portava i suoi capelli dietro le orecchie, poi continuava a parlare.

Intanto Giulio, che era un po’ stanco, disse che sarebbe tornato a casa. Io no, rimasi li, a parlare con Sally.

Aveva dei bei seni, e quando si alzò in piedi, pensai che doveva avere anche delle belle gambe. Saremmo stati seduti almeno tre ore, li a parlare, poi lei appoggiò la sua mano sulla mia, continuando a parlare. Rimasi sorpreso, ma le strinsi la mano. Dopo un po’ disse:

- Vuoi venire a casa da me?

Sia meravigliato che contento, accettai.

Mentre uscivamo da locale, lei accese la sua sigaretta, ripose l’accendino nella tasca dei suoi jeans, e continuò a parlare. Parlava veramente tanto!

Camminando mi teneva la mano, e mi disse che abitava con sua sorella, che però era in vacanza con il suo ragazzo, Jack. Da come ne parlava, non doveva andarci molto d’accordo, anzi, sembrava proprio che Jack le stesse sulle palle!!!

Una volta arrivati a casa, prese le chiavi e aprì.

Era il numero nove, di una via cui non ricordo il nome, La casa aveva una porta bianca, e all’ingresso c’era una scala che portava alle camere da letto.

Andammo in cucina e mi offrì una birra. Mi disse che suo padre era un intermediario finanziario, e che spesso era fuori Londra, la madre, invece, viveva con il suo nuovo marito. I suoi genitori, avevano divorziato quando lei aveva più o meno dodici anni. Sembrava soffrisse di quella situazione.

La camera da letto di Sally era tappezzata di poster di Robbie Williams, mi disse che era il suo cantante preferito, anche se quando faceva parte dei Take That, non le era tanto simpatico.

Sally scriveva poesie, me ne lesse una che parlava di un gatto che stava sempre solo, forse anche lei doveva essere molto sola.

Poi accese lo stereo, infilando un cd dei Charlatans, si avvicinò a me, mi baciò e disse:

- Sono contenta che ti sei fermato qui da me.

Mi stringeva forte, canticchiando la canzone che diceva, “You are a big girl now”. Mi meravigliai di quella situazione, anche perché mi stavo affezionando a Sally, quella sua tristezza, sprigionava una forte energia e attrazione. E’ difficile innamorarsi di una ragazza poco dopo averla conosciuta, per di più ero cosciente che con lei non sarebbe durata molto.

Mentre lei era ancora appoggiata a me, le fermai il viso, e la baciai. Lei si strinse a me, avvicinandomi al letto. Si tolse la sua T-shirt bianca, e poi il reggiseno. Io cominciai a baciarla, fino a quando non mi spogliò.

Eravamo entrambi nudi sul suo letto, e cominciammo a far l’amore. Le gambe erano davvero belle, non mi sbagliavo.

Poi lei mi chiese se volevo passare la notte a casa sua, e mi avvicinò il telefono. Non esitai a chiamare Giulio, che stava dormendo. Rimasi abbracciato a lei per tutta la notte.

La mattina mi svegliai presto, e la trovai ancora sdraiata mentre dormiva, non dissi una parola, la fissavo e basta. Provavo a pensare cosa stesse sognando. Aveva il viso sereno, sembrava rilassata anche se dormiva. Dopo una mezzora, aprì gli occhi, e disse:

- Hi.

E mi sorrise.

Prese la sua vestaglia e mi propose di andare in cucina a fare colazione. Fece un caffè, visto che non sono mai stato uno stimatore del caffè inglese, a colazione lo bevevo sempre con un po’ di latte, comunque non era male.

Lei andò a fare un bagno, intanto io chiamai Giulio. Parlando al telefono sentì Sally che mi chiamava, salutai il mio amico e andai da lei. Mi chiese di portarle il mangiacassette, con il nastro che c’era dentro. Dopo aver letto i titoli delle canzoni, infilai la spina e mandai indietro il nastro, lei mi chiese di entrare nella vasca, io annuì.

Prima di entrare nell’acqua schiacciai play, e lei appena sentito l’assolo iniziale di Sally Cinnamon mi sorrise dicendo:

- Mi piace che qualcuno mi faccia sentire questa canzone, è dolcissima.

Eravamo l’uno diffrante l’altro mentre le note si alzavano nella stanza, e la voce di Ian Brown si poggiava dolcemente sulla musica.

Sally mi guardava, poi abbassò lo sguardo verso l’acqua, le stava tornando addosso la sua tristezza, poi sorrise quando il registratore cantava “Your eyes are grazing back from, every little pice of glass, you seems to smile from every place, Sally Cinnamon, you are my world

(I tuoi occhi guardano dietro, ogni piccolo pezzo di vetro, sembri sorridere da ogni posto, Sally Cinnamon tu sei il mio mondo).

Sembrava fatta apposta per lei, forse gli Stone Roses l’avevano vista prima di scrivere quella canzone.

Passai tutta la giornata a casa sua, e ci vedemmo per altri due giorni, poi quando partì per Bologna non la vidi più.

Sally tu sei il mio mondo!!!!!


THE STONE ROSES - SALLY CINNAMON


Until Sally I was never happy, I needed so much more
Rain clouds oh they used to chase me
Down they would pour, Join my tears
Allay my fears , Sent to me from heaven
Sally Cinnamon, You are my world
I pop pop pop blow blow bubble gum
You taste of Cherryade
There is something here you must show me, From what you are made
Sugar and spice, And all things nice
Sent to me from heaven
Sally Cinnamon, You are my world
Your eyes are gazing back from,

Every little piece of glass, You seem to smile from every place
Sally Cinnamon, You are my world
Then I put the letter back in, The place where it was found
It's a pocket in a jacket, On a train in town
Sent to her from heaven
Sally Cinnamon, Your her world


Fino a quando non vidi Sally, non ero mai stato felice,

Avevo bisogno di qualcosa di più

Le nuvole di pioggia, ohh loro mi inseguivano

Volevano far piovere a dirotto

Unendo le mie lacrime, alleviando le mie paure

Mandata a me dal paradiso,

Sally Cinnamon tu sei il mio mondo

Io scoppio, scoppio, esplodo, esplodo, bubble gum

Tu sai di ciliegia

C’è qualcosa, hey tu mi devi mostrare

Di cosa sei fatta

Zucchero e pepe

E tutte le cose belle

Mandata a me dal paradiso,

Sally Cinnamon tu sei il mio mondo

I tuoi occhi guardano dietro,

Ogni piccolo pezzo di vetro

Tu sembri sorridere da ogni posto

Sally Cinnamon tu sei il mio mondo

Dopo aver messo la lettera

Nel posto dove era stata trovata

In una tasca, in una giacca,

Su un treno in città

Mandala a lei dal paradiso

Sally Cinnamon, tutto il tuo mondo.


Umanità Adrenalinica

Umanità Adrenalinica

Ore 15.30

Suono malvagio e violento di una sveglia… La mano si muove lenta, alla ricerca, mentre gli occhi sono ancora chiusi, coperti da un fascio ombroso, che blocca la visuale, totalmente assopito da un sonno insistente e costante. Il suono rimbomba dentro l’orecchio, come un martello pneumatico che buca l’asfalto. Un caldo bagliore di luce, proviene dall’esterno, filtrato dai vetri antiproiettile della finestra, che mi separa da un mondo che corre veloce, lungo le strade di uomini d’affari inscatolati nelle loro vetture, ferme sotto le luci rosse dei semafori.

Il coraggio di combattere la nebbia sonnolenta della mia testa si fa avanti, mentre un timido piede poggia il pavimento, ancora cosparso della baldoria vissuta. Anche le scarpe vogliono sfuggire a questo violento risveglio, nascoste dietro un comodino, per allungare il tempo del proprio riposo.

E’ tutto un vortice cruento, senza soluzione, ma continuo e insistente.

Ore 16.40

La tazzina avvolge e protegge il colore di un caffè, inquinato soltanto da un po’ di zucchero. Fisso quel nero profondo, cercando di vedere chissà che. Esplorandolo, alla ricerca di un mondo nuovo e lontano… Cerco di leggere qualcosa, dal riflesso del mio viso sul caffè, come un chiromante degli occhi, intravedo quello che sono, senza filtri, ne misteri. Attraverso i neuroni del cervello, che lentamente prendono vita, grazie a una scossa di caffeina.

Ore 17.00

Le macchine domestiche intorno a me prendono vita, si illuminano, lasciando passare nelle loro vene, scariche elettriche. Riproducendo immagini e suoni, mentre le mie dita, cercano di assecondare la mia voglia di risveglio, attraverso telegiornali e classifiche musicali. Donne di plastica, e voci metalliche mi fanno compagnia, mentre sono forse alla ricerca di umana solitudine. Cellule di fotogrammi si susseguono, seguendo il loro percorsi, dentro una scatola di vetro, che lentamente imprigiona la mia testa. Già scossa, confusa.

Ore 17.17

Il quadrante della sveglia segna questi due numeri, separati solo da un punto. Mentre l’acqua scorre lungo i tubi. Come una pioggia mi cade sulla testa, con capelli ancora sporchi di monossido, gas, e profumi chimici. Bolle di sapone si insinuano dentro le caverne dell’occhio, provocando un feroce bruciore. Le ciglia che sbattono, si scuotono, ma non si liberano da quella violenta sensazione.

La pelle comincia a rigenerarsi, dopo quest’ondata di freschezza.

Ore 18.15

Uno squillo, mi avvisa di nuove onde radio in arrivo, che aprono una via asfaltata ad una voce amica. Una voce fresca, seppur filtrata si fa strada passando dai timpani e raggiungendo, le luci celebrali, provocando un senso di strana leggerezza, che mancava da ore. Istanti, secondi, di risveglio, di nuova linfa per l’anima, troppe volte nascosta, coperta, sotto strati di pelle e ossa.

Ore 20.00

Come uno stregone del futuro, mischio sostanze chimiche, sapori, ebollizioni, scaldate da micro onde. Sostanza liquide e fisiche mischiate, per produrre sapori gustosi, per soddisfare le pretese della gola, fornire nuova energia, a muscoli troppo stanchi.

Ore 21.30

Luci veloci, scorrono, portandomi verso una meta lontana, lungo corsie di asfalto nero ancora caldo di radiazioni solari. Un onda di nicotina, assolve questo spazio, dove mi trovo seduto. I muscoli in tensione dettano la via da seguire, contrastando forze gravitazionali. Gli occhi fissi su un vetro, scovano luci lampeggianti, mentre le orecchie filtrano urla di sirene, che svaniscono nella velocità, provocata da pistoni e cilindri, nuove gambe di questa modernità in cui viviamo.

Ore 22.05

Gli occhi si incontrano, in un misterioso collegamento, suoni vocali rivelano, pensieri profondi, totalmente umani. Mentre un cielo blu, cosparso di piccole luci, è presente e costante sulle nostre teste. Suoni di melodie, cospargono questo istante, fotografando momenti vissuti. Cellule e odori si confondo, si incontrano si mischiano, come labbra e saliva.

Il sottile line, sfiora e circonda due corpi, vicini, stretti fra loro. Passato e presente, si avvicinano, come tecnologia e modernità. Quel che rimane è solo un frammento di umanità adrenalinica.